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LEWIS

Di

Luca Guglielmi

Pubblicato il

Dicembre 9, 2019

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Se da una parte corsi di laurea e mestieri della comunicazione non godono sempre di buona reputazione e sono spesso vittime di una certa ironia dai toni un po’ snob, evidenze come quelle che emergono dal secondo rapporto Il mercato del lavoro nel settore della comunicazione italiana di UNA – associazione delle agenzie di comunicazione italiane – tendono a riabilitarne il ruolo piuttosto importante nell’economia italiana.


In un contesto nazionale che deve confrontarsi con importanti problemi legati al lavoro, stando ai risultati dell’indagine giunta alla seconda edizione e condotta da UNA in collaborazione con la Fondazione Rodolfo Debenedetti, quello della comunicazione si conferma come un settore non sono vitale ma che, tra i pochi in Italia, è in grado di sconfessare un caposaldo della retorica italiana sul lavoro: l’incapacità cronica di attrarre giovani talenti.

Il lavoro e le agenzie di comunicazione

L’indagine fotografa una realtà, quella delle agenzie di comunicazione, che si delinea come punto di approdo sempre più attrattivo e credibile per giovanissimi con voglia di crescere e l’ambizione di confrontarsi con ambienti stimolanti, in alcuni casi internazionali, creativi e che parlano di innovazione e digitale guardando al futuro. Una fonte di aspirazione imprescindibile per le aziende che non possono permettersi di rimanere indietro in contesti sempre più competitivi.

Lavorare in ufficio nel mondo della comunicazione

Un po’ di numeri

L’edizione 2019 del report restituisce l’immagine di un settore che da una parte – complice la diversificazione dei servizi – continua a essere un forte catalizzatore dell’attenzione dei giovani (il 47% del totale dichiara un’età media degli occupati sotto i 34 anni) per la sua capacità di rappresentare il contatto con discipline e ambienti che mettono al centro creatività, abilità e passioni personali rappresentando un esempio concreto di concezione moderna di impresa; e dall’altra fa emergere i tratti distintivi di un ambito professionale in cui a distinguersi sono le donne. Con ben il 65% di occupazione nelle aziende interpellate, il settore si dimostra rivoluzionario dal punto di vista delle quote rosa in un complesso del mercato del lavoro che le vede relegate al 42%. Peccato che, quando si arriva alle posizioni apicali, anche le agenzie di comunicazione tendono ad allinearsi al dato relativo al complesso del mercato del lavoro italiano. Che sia solo questione di tempo? Ce lo auguriamo.

A chi aspira a lavorare nella comunicazione si richiede di evitare l’adozione della logica del “cartellino”. Se la diversificazione delle attività è concetto cardine per districarsi con agilità tra i costanti cambiamenti del settore, la flessibilità nell’orario lavorativo viaggia in parallelo. Le agenzie chiedono infatti grande elasticità nella gestione del tempo – il ricorso a ore extra è molto alto, verificato in 72% dei casi – ma d’altra parte restituiscono possibilità spesso poco accessibili (se non proprio sconosciute) in aziende di altri settori. Più della metà delle agenzie interpellate consente infatti lo smartworking ai propri dipendenti.

Smartworking

E in futuro?

Si respira ottimismo tra le agenzie di comunicazione italiane: le prospettive di occupazione tendono alla crescita (+6%) con quasi la metà dei rispondenti che prevede nuovi inserimenti in organico per una logica di contrattualizzazione dei dipendenti che, anche questa, tende alla stabilizzazione. Il 64% del personale è infatti assunto a tempo indeterminato con una logica di rewarding tramite premi produzione che sembra riconoscere e premiare la produttività individuale.

Passione nel lavoro

In sintesi: per chi ha interesse e passione per il mondo della comunicazione e vuole mettersi in gioco, agenzie di comunicazione e relativi corsi universitari sembrano essere ancora la scelta giusta per confrontarsi con ambienti dinamici, stimolanti e in cui si può davvero trovare l’ispirazione giusta per acquisire competenze, testare le proprie potenzialità creative e cucirsi addosso la propria professionalità.

Le opportunità insomma sembrano non mancare ma a dottrina (cui va unita una costante capacità di aggiornamento) e dedizione è importante affiancare doti che non si trovano da nessuna parte se non in se stessi: capacità di adattamento, rifiuto delle “comfort zone” professionali, curiosità e passione (un bel po’).

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