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LEWIS

Di

TEAM LEWIS

Pubblicato il

Aprile 11, 2024

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Nel quarto della nuova stagione di Una Cosa Al Volo, parliamo ancora con Jacopo Perfetti, autore, docente e co-fondatore di PromptDesign.it


Ascolta il 4 episodio della 2 stagione

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Jacopo Perfetti

Jacopo Perfetti, MBA, si occupa di robot in grado di scrivere e scrive cose che i robot non sanno (ancora) scrivere. Co-fondatore dell’agenzia basata su Intelligenza Artificiale Oblique.AI e di PromptDesign.it, il primo e più completo corso in Italia sull’Intelligenza Artificiale Generativa. Autore di diversi saggi (per Feltrinelli, Sperling&Kupfer e McGraw-Hill) e di un romanzo. Lecturer e docente presso diversi atenei tra cui la SDA Bocconi School Of Management di Milano, dove è Fellow di Innovation e coordina la concentration di Imprenditoria. Ha partecipato come relatore a festival ed eventi come TEDx, il Festival della Mente, il Festival del Fundraising, il Festival della Letteratura di Mantova e BookCity.

UCAV - S02E04 - Jacopo Perfetti parla di IA e prompt design

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Alessia: Giustamente hai parlato di quello che noi possiamo insegnare all’intelligenza artificiale. Però noi cosa possiamo imparare dall’intelligenza artificiale? Se c’è qualcosa che possiamo imparare.

Jacopo: Sto mettendo insieme le cose, perché sono sono veramente tante le cose che si possono imparare. Per esempio, una delle cose che l’intelligenza artificiale generativa sa fare molto bene – e che noi invece non sappiamo fare così bene – è l’apprendimento continuo. Questa tecnologia ti dà l’output, ma se tu gli dici “Guarda, secondo me è sbagliato. Mi fai una ricerca e impari?” mette in discussione tutto quello che ha fatto fino a quel momento e te lo fa diversamente. Se pensi, il nostro cervello non fa assolutamente così, soprattutto se abbiamo una certa seniority. Se abbiamo sempre fatto così, tendiamo a fare così. È un proprio un’idea di futuro, che tra l’altro non mi appartiene per niente.
Adesso divago un attimo, però in francese c’è questa parola che è avenir, cioè avvenire. Futuro e avvenire sono due concetti completamente diversi. Il futuro è semplicemente una linea di progressione del passato, ho sempre fatto così e continuerò a fare così, quindi il mio futuro è già determinato. Avvenire, invece, è quello che mi succederà un domani e che non dipende dal mio passato, ma da quello che io voglio che succeda un domani. Ecco, le macchine sanno ragionare molto bene in questi termini, sono come dei bambini. Infatti, all’inizio del nostro corso Federico si era inventato questa metafora che a me piaceva molto, ovvero che questa tecnologia non è la lampada di Aladino, che se la sfreghi esce fuori esattamente quello che vuoi tu, ma è più Dino, cioè un bambino incredibile e geniale con cui puoi parlare di tutto, che se ti prende per mano e tu gli dici “Andiamo lì” e ti porta di là. È un partner con cui esplorare qualsiasi cosa, ma che se ha sempre fatto così e tu gli dici “Proviamo a fare così?”, non ti dice “No, che noia, devo rimettermi in discussione”. Lo fa. E questo è un atteggiamento fondamentale per poter crescere come professionisti. C’è sempre il paradosso del principiante, per cui chi è all’inizio trova idee geniali rispetto a chi magari ha una seniority di vent’anni. Ma perché chi è all’inizio, l’absolut beginner di David Bowie, è colui che sostanzialmente ragiona in maniera fresca. Cioè dice “Devo risolvere un problema”, ma non si porta dietro tutto quel retaggio che si porta dietro una persona che fa quel lavoro da sempre. C’è questa bella frase di Einstein, che per me è fondamentale e a cui penso spesso, cioè “I problemi non possono essere risolti con le stesse logiche che li hanno creati”. La macchina non lo fa questo: usa una logica, vede che non è quella giusta, cambia e riparte.
La macchina chiede scusa. Un’altra cosa che possiamo imparare da questa macchina è sicuramente la gentilezza. Quando uso ChatGPT gli dico sempre grazie, prego, per favore. Sono molto gentile per due motivi: uno perché penso che io ho il ruolo di educare questa macchina, quindi se questa macchina parla in maniera gentile con me che sono una virgola nell’universo, è perché impara anche a parlare gentile. Due perché ho visto che funziona meglio: se sei gentile, mi sembra che i risultati siano migliori. E poi anche per allenare la mia gentilezza. Parlo sempre di più con queste macchine, quindi se sono gentile con loro, poi giro lo sguardo e continuo ad esserlo con la persona che ho davanti. È il mio modo di essere, voglio che sia così sempre. E poi, certo, c’è un quarto motivo un po’ paranoico… Perché metti in conto che un domani veramente queste macchine prendono il sopravvento, io voglio essere nella categoria di quelli che è stata gentile con queste macchine. Qui sono gentile anche per quello.

Alessia: Vuoi essere nella lista dei buoni. Tra l’altro mi ha colpito molto prima, facendo un passo indietro, quando parlavi anche del tema di come secondo te sarà sempre più funzionale l’uso dell’intelligenza artificiale nell’educazione a 360 gradi, partendo già dalle scuole elementari, quando si è molto piccoli. Forse è un po’ azzardato, però può essere anche che l’intelligenza artificiale arrivi veramente a democratizzare la scuola? Perché è vero che oggi più o meno tutti, chi in modi diversi, hano la possibilità di avere l’accesso all’educazione. Però prevale ancora il fatto che in base a quello che è l’ambiente culturale dove vivi, il posto in cui ti trovi, sicuramente puoi avere un’educazione diversa. Basti pensare alle università: la possibilità di poter fare un certo tipo di percorso o di ateneo, alcune volte è una discriminante a un colloquio di lavoro. Ci sono ancora queste etichette legate ai tuoi percorsi accademici. L’intelligenza artificiale veramente potrebbe permettere a tutti i bambini e futuri studenti di giocare un po’ ad armi pari?

Jacopo: Allora, qui devo respirare per ogni parola che dico perché so che sono registrato. Io ho un rapporto altalenante con la scuola. La formazione, soprattutto penso alle elementari e alle medie perché ho due figli che vanno elementari, è un passaggio fondamentale che ti crea una mentalità, dei processi creativi e dei ragionamenti che poi ti porti dietro per tutta la vita. Purtroppo, ad oggi, la scuola è una roulette: puoi mandare tu* figli* nella miglior scuola di Milano, poi però trovi l’insegnante che non è capace di fare il suo lavoro o ha un’idea superata di educazione, ed ecco che ti sei rovinato cinque anni della tua vita dove tu passi 8 ore al giorno. Tu, bambino, passi 8 ore al giorno in quella scuola a fare delle cose che si facevano 60 anni fa. Perché una delle cose che a me sorprende della scuola e quasi mi lascia senza parole, è il fatto che adesso che io ho dei figli che vanno elementari, prendo i loro quaderni, li guardo e sono uguali a quelli che erano i miei di 30 anni fa. Poi guardo in cantina, trovo quelli di mio padre che erano uguali ai miei, che sono uguali a quelli dei miei figli. Nel mentre sono passate tre generazioni, 60 anni, è caduto il muro di Berlino, Internet, l’intelligenza artificiale generativa, ma la scuola è rimasta la stessa. Non si mette mai in discussione, a proposito di quello che dicevamo prima.
Quindi l’intelligenza artificiale generativa cosa può fare? Può fare quello che dicevi tu, cioè democratizzare o standardizzare alcuni processi. Questo può apparire negativo, magari dici “Oddio, ma mio figlio impararerà delle cose grazie all’intelligenza artificiale”, però in questo modo si riduce molto il rischio, cioè il fatto che mandi tuo figlio a scuola e trovi un’insegnante illuminata che gli fa fare dei salti quantici dal punto di vista della formazione, oppure che invece trovi un’insegnante che o è lì messa a caso oppure è alla fine della sua carriera e non gliene frega niente, quindi gli uccide creatività, intraprendenza, ecc. È un rischio altissimo. Se io sapessi che grazie a questa tecnologia si potrebbe provare a fare almeno le cose fondamentali, la matematica o come scrivere in italiano verrebbero insegnati in maniera un po’ più veloce. In Europa abbiamo il tasso di compiti a casa più alto, i nostri figli sono quelli che fanno più compiti di tutti e passano più ore sui banchi di scuola, ma allo stesso tempo – questi sono dati del Miur – tra i nostri adolescenti c’è un tasso di incapacità di capire un testo scritto che è tra i più alti in Europa. Sostanzialmente, passiamo più tempo di tutti a fare i compiti e siamo gli ultimi nel capire, quindi evidentemente c’è qualcosa che non funziona in questo sistema. Questo lo si ritrova anche sul lavoro. Il tema della produttività per me è fondamentale: l’obiettivo nella vita non dovrebbe essere quello di lavorare di più, ma quello di lavorare di meno producendo allo stesso modo, in modo tale da riuscire a portare a casa lo stipendio. Il fatto, però, è che l’Italia è uno dei Paesi dove si lavora di più, c’è questa idea del “Non so quando finisco. Torno a casa una volta alle nove, una volta alle sette”, nel mondo della comunicazione in particolare è così. Per me è assurdo, se tu lavori fino alle cinque, alle cinque finisci. Invece in Italia noi tendiamo ad allungare molto questo processo.
Mi sto un attimo perdendo su questi temi che sono molto ampi, però io sono un sostenitore dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale a scuola, anche perché – e concludo su questo tema – io penso che la scuola possa insegnare moltissimo a livello di competenze extra scolastiche. L’empatia, lo stare in mezzo ai bambini, il gestire magari un bulletto o la frustrazione che deriva dal fatto di non riuscire ad avere il voto che vorresti. È una serie di cose che nella vita sono fondamentali, perché quelle logiche lì le trovi nella vita, ma se non impari a gestirle quando sei piccolo… Anche la competizione, viene sempre vista in maniera negativa nella scuola. “Cerchiamo di mantenere tutti allo stesso livello”. Non lo so se poi funziona, noi possiamo anche mettere i nostri figli sotto una teca di vetro e evitare che succeda qualsiasi cosa, però poi nella vita reale funziona così. Questo non vuol dire essere molto più competitivi come nell’approccio anglosassone, però i ragazzi devono imparare anche a gestire lo stress. Io preferisco che mio figlio impari pian piano negli anni, piuttosto che tenerlo sotto una teca di vetro per tutte le elementari e le medie… Perché poi questi ragazzi arrivano al liceo o all’università e si devono scontrare col mondo reale, che prevede anche il fatto che tu debba imparare a trovare il tuo equilibrio in un contesto competitivo e stressante o inventartene un altro se non ti piace. Per queste cose la scuola va benissimo, ma per un apprendimento magari più classico su materie come l’italiano e la matematica, forse l’intelligenza artificiale può fare tantissimo.

Tommaso: Abbiamo parlato di molte applicazioni dell’intelligenza artificiale. Una cosa che ci chiedevamo io Alessia era se un’intelligenza artificiale generativa, al momento, potesse creare una storia. Nel futuro, potrà creare veri e propri libri e romanzi, secondo te?

Jacopo: Sì, ma questo già adesso. Ti faccio un esempio. Prova a dirmi un film che ti piace.

Tommaso: Le Iene.

Jacopo: Le Iene di Tarantino. Adesso dimmene uno tu, Ale.

Alessia: Colazione da Tiffany.

Jacopo: Ok.
Ciao, ascolta, adesso voglio che pensi, ragioni e sei creativo come uno sceneggiatore. Sorprendimi con la tua originalità. Riesci a crearmi una logline, cioè una breve storia, un’idea per un film che unisca le trame di questi due film: Le Iene di Tarantino e Colazione da Tiffany. Fai tu, scegli tu la storia, però tirami fuori una logline non lunga eh, so che sei prolisso, quindi cerca di essere un po’ sintetico, grazie.

ChatGPT: Immagino una storia dove una sofisticata truffatrice di alta società, con un debole per la moda e le feste eleganti, si ritrova inaspettatamente coinvolta con una banda di ladri professionisti, tutti vestiti in modo impeccabile, che pianificano il colpo di secolo. Quando il loro mondo di eleganza si scontra con il pericolo e la tensione di una rapina ad alto rischio, devono imparare a fidarsi l’uno dell’altro per riuscire senza finire dietro le sbarre o peggio. Mentre i piani procedono, scoprono che la vera ricchezza potrebbe non essere quella che stanno rubando, ma le relazioni insolite e profonde che nascono tra loro.

Jacopo: Guarda, va bene. Secondo me potevi essere un po’ più originale, ma non mi dispiace.
Il tema è: questa era un’idea banalotta, assolutamente. Ma punto primo, quanti film ha visto così? Punto secondo, il fatto che non solo abbia unito Le Iene e Colazione da Tiffany, ma abbia fatto anche un’esplorazione psicologica dentro il film, dicendo “poi alla fine scoprono che quello che conta non è la ricchezza materiale, ma le relazioni”, è secondo me un passo in avanti notevole perché vuol dire che fa dei ragionamenti. E poi noi l’abbiamo usato nel modo “sbagliato”, cioè quello che dicevamo nella puntata precedente. Questo è un punto di partenza, ma quanto ci ha impiegato? 60 secondi? Noi in 60 secondi abbiamo la logline e la locandina. Potevamo andare oltre e dirgli “Guarda, l’idea dello stile Tiffany, della ragazza altolocata che si unisce ci può stare. Però non mi piace quell’elemento X, trovami qualcos’altro”. Facciamo un brainstorming di 20 minuti? Se abbiamo in 60 secondi abbiamo avuto un’idea, in 20 minuti ne abbiamo 20 su cui lavorare. Quindi è proprio questo che dicevo prima sull’utilità di questo strumento per detonare la nostra creatività. Questa tecnologia è straordinaria perché permette di esplorare mondi creativi che prima avremmo lasciato nel cassetto. Ho un’idea per un film? Cosa ci vuole a chiedere a ChatGPT di esplorarla insieme? Mi prendo un’ora e arrivo ad avere la presentazione, perché fa anche le immagini, posso chiedergli di ampliare e di iscrivermi una logline un po’ più lunga. Insomma, esploro dei mondi creativi. Poi magari li lascio stare, ma almeno li vedo.

Tommaso: Posso chiedergli anche di fare un render diciamo della casa che sto cercando io adesso, per esempio?

Jacopo: I render 3D no, però può aiutarti a fare delle ricerche. Poi tutto quello che abbiamo visto adesso è senza scrivere una riga di codice, ma se ne sai qualcosa di Python e JavaScript, o se attacchi questa tecnologia a un’altra tecnologia straordinaria che è Zapier dal mio punto di vista, si aprono dei mondi incredibili. E allora lo puoi attaccare al sito di Immobiliare.it, fargli fare un check costante, gli dici quali sono le tue esigenze, puoi crearti la tua segreteria personale perché lo attacchi alla tua mail e al tuo calendario. È tanto quello che si può fare.

Alessia: Tra l’altro, chiudendo un po’ il cerchio di questa bella chiacchierata, siamo partiti chiedendoti chi fosse un prompt designer e abbiamo più volte citato il fatto che in realtà un po’ tutti oggi possono diventarlo, frequentando dei corsi ad hoc. Tu ne tieni uno, che secondo me ha un nome bellissimo “Prompt, chi parla?“. Io quando l’ho letto la prima volta ho detto pensato che chiunque lo abbia inventato è un genio.

Jacopo: Che è Federico.

Alessia: L’ho scoperto. Quello che volevamo capire è chi si iscrive a questa tipologia di corsi. Chi ha voglia di diventare un prompt designer? Perché molto spesso si ha la percezione che chi inizia questo tipo di percorso siano persone molto tecniche, quindi qualcuno che è stato programmatore, informatico, che ha un minimo di competenze e sa quello di cui stiamo parlando.

Jacopo: No, assolutamente il contrario. Noi abbiamo tre target principali: i professionisti soprattutto dal mondo creatività e comunicazione, come gli Art Director, ma anche architetti, filosofi, quindi con un’impronta umanistica. Di questo io sono felicissimo, perché ho lo stesso background e quindi lo spingo, soprattutto in questo periodo dove la tecnologia è una commodity. Se tu hai una creatività forte, hai una tecnologia incredibile. Se tu non hai questa creatività e non hai questo background umanistico, secondo me ti perdi molto perché continui ad usare la tecnologia sempre allo stesso modo. Quindi i primi sono i professionisti, i secondi sono le agenzie che stanno correndo ai ripari e vengono da noi. Iscrivono magari dieci o quindici persone in massa, tutto il loro team, anche solo per diffondere la cultura e la mentalità che servono per utilizzare questa tecnologia. E le capisco. Possiamo fare una prova, ma ne abbiamo già fatte diverse… però io posso chiedergli “Guarda, devo lanciare questo nuovo sito, fammi una campagna marketing e scrivimi i testi per i social” o “Fammi una strategia”. È molto, molto avanzata da questo punto di vista. Il terzo target, invece, sono le aziende molto grosse. Noi abbiamo molti clienti che si trovano anche sul nostro sito, abbiamo avuto per esempio Accenture che ci ha fatto formare più di 500 persone, Mondadori, Mediaset. Insomma, lavoriamo con tante, tante aziende con cui facciamo dei percorsi, cioè vediamo assieme quello che fanno e capiamo come farlo con l’intelligenza artificiale generativa. Perché spesso la grossa sfida oggi non è solo immaginarsi come usare questa tecnologia per fare qualcosa che facevi già prima, ma capire cosa puoi fare adesso che prima non facevi.
Il nostro corso è molto ampio, si va dalla scrittura con ChatGPT fino alle immagini, passando per un po’ di programmazione. Quindi ogni tanto riceviamo delle mail di qualcuno che dice “Sì, però io sono un copy, mi interessa solo la parte di scrittura”. Errore enorme, nel senso che se tu sei un copy in questo momento dovresti seguire un corso su come creare le immagini. Perché questa tecnologia dà proprio questa possibilità, cioè quella di fare qualcosa che prima non facevi e quindi puoi ampliare il tuo business. Non solo aumenti la tua marginalità e fai qualcosa che facevi già ma in meno tempo, ma aumenti il tempo che hai a disposizione per fare altro e puoi inventarti qualcosa che prima non ti inventavi, per cui è un aspetto fondamentale. Infatti, noi insistiamo molto sulla mentalità i primi 15 minuti di corso (che dura 10 ore). Durante questi 15 minuti ben spesi, ci focalizziamo sui dieci pilastri che dal nostro punto di vista bisogna avere, in termini di mentalità, per usare meglio questa tecnologia. E uno di questi è proprio l’apertura mentale, cioè uscire dal proprio ruolo. Quando inizi il nostro corso, quelle 10 ore ormai le hai allocate. Prova a seguirlo senza pensare “Io sono un copy e quindi mi interessa la parte di scrittura”. Ragiona come un bambino, come Dino, di cui parlavamo prima.

Alessia: Parlavamo appunto di “Prompt, chi parla?” perché ci è caduto l’occhio su un post che avete pubblicato intorno al periodo di San Valentino, dove dicevate “Innamorarti: è l’unica cosa che non può fare un’intelligenza artificiale”. In realtà, ci interessava capire, così pour parler e per scherzare, se effettivamente secondo te ci sarà mai un futuro in cui anche tutta quella parte legata alle emozioni verrà in qualche modo non soppiantata, però supportata dall’intelligenza artificiale. E aggiungo, in tempi non sospetti (era il 2013) il grandissimo regista Spike Jones fece quel film “Lei”, dove lui si innamorava di questo sistema operativo che di fatto era guidato da un’intelligenza artificiale. Allora magari la domanda vera non è se tramite l’AI riesco a innamorarmi di qualcun altro, ma se magari non finirò per innamorarmi di lei o di lui.

Jacopo: Qui si apre un mega tema. Poi tu mi stimoli queste domande ed io cerco di essere conciso, ma si così apre un mondo. Punto primo: è il presente, non è il futuro. Esiste propio una corrente, un fenomeno che si chiama fictosessuale e riguarda le persone che si innamorano di ficto, cioè di realtà finite. È nato in Giappone, dove c’è chi ha sposato un’intelligenza artificiale, o meglio, una donna virtuale. Quindi assolutamente, può essere così il futuro, ma anche il presente… Questa tecnologia, nel bene e nel male, ha una padronanza di linguaggio pari a quella dell’essere umano e lo abbiamo visto anche con gli esempi. Nel momento in cui questo aspetto, questo asset strategico fatto di linguaggio e  capacità di ragionare, è anche di competenza di una macchina, è ovvio che noi avremo un trasporto verso questa tecnologia molto più grande di quello che avevamo prima. Ma io penso che se gli animali parlassero, probabilmente i macelli non esisterebbero, perché inevitabilmente nel momento in cui noi parliamo con una qualsiasi cosa, anche un bicchiere, ci risponde, intavoliamo un discorso e creiamo una storia insieme, inevitabilmente questo bicchiere smette di essere un bicchiere, diventa parte della nostra vita. È per questo che, dal mio punto di vista, è fondamentale insegnare ai bambini fin da subito che questa macchina è una macchina, cioè fargli vedere come funzionano le macchine. Io con i miei figli faccio spesso programmazione, non perché voglio che facciano i programmatori. Chi se ne frega, se gli piace poi lo faranno. Ma perché loro devono sapere che dietro a questa chiacchierata che noi abbiamo appena avuto, ci sono dei numeri e degli algoritmi che fanno sì che escano quelle parole. Invece noi ci siamo abituati negli ultimi anni a vedere la tecnologia come qualcosa di astratto. Io non posso smontare il mio smartphone e questo è un grande problema secondo me. Quando è arrivato il computer, io l’ho smontato per metterci dentro la RAM, perché fino agli anni ’90 si faceva così. Però io ho percezione del fatto che questa tecnologia è una tecnologia, è una macchina.
Se invece tu nasci soprattutto adesso, fai parte della Generazione Alfa e quindi cresci e parli con la tecnologia. C’è poi tutto un mondo a parte riguardo a questo. Non so se conosci Character.ai, è uno dei siti più visti di intelligenza artificiale, un linguaggio nato apposta per creare dei chatbot. Sopra ci sono più di 3 milioni di chatbot che vanno dal chatbot di Elon Musk fino a quello del personaggio di fantasia. La fascia 18-24 è quella che usa di più questa tecnologia, perché ha questa specie di Tamagotchi del 2024 con cui ha un dialogo e una relazione.
Parallelamente a questo, penso che da adesso in avanti dovremo creare tutto un nuovo dizionario, dove le etichette che noi abbiamo sempre usato per gli esseri umani non possano essere usate per l’intelligenza artificiale, come anche la parola creatività o il termine relazioni. Bisognerà inventare nuovi termini. Resta che però è facilissimo lasciarsi coinvolgere da questa tecnologia, soprattutto adesso che c’è il vocale e che puoi parlarci potenzialmente tutto il giorno.

Alessia: Siamo arrivati alla conclusione di questa chiacchierata. Devi sapere che noi, ogni volta con il nostro ospite, facciamo un’ultima domanda che è sempre la stessa. Ovviamente le risposte cambiano di volta in volta.

Jacopo: Non lo sapevo.

Alessia: Spesso siamo felicemente stupiti delle risposte, quindi vediamo cosa ci dirai tu. Però vorremmo sia la tua risposta, che quella di ChatGPT.

Jacopo: Fantastico.

Alessia: Lascio a Tommaso l’onore della domanda.

Tommaso: Molto semplicemente: una cosa al volo. Questa è la domanda che facciamo ogni volta. Dicci una cosa al volo, non per forza legata ai temi che abbiamo trattato oggi, ma una qualsiasi cosa che ti venga in mente.

Jacopo: Chiediamo anche a ChatGPT, vediamo chi la dice più creativa.
A me viene in mente questa frase di Nietzsche che a me piace moltissimo e che si trova se non sbaglio in Zarathustra. “Non si può imparare al volo a volare”. Io non ho tatuaggi, ma è una frase che mi tatuerei. Stiamo andando verso un futuro dove è tutto facilissimo, usare ChatGPT è facilissimo, la tecnologia è accessibile. Il rischio più grosso è che se noi ci abituiamo a questa facilità, perdiamo moltissimo. Perdiamo l’innovazione, perdiamo la creatività, perdiamo la meraviglia della scoperta… Perché tutte queste cose comportano un grosso sforzo, una grossa fatica. Se noi ci abituiamo a non fare più fatica, rischiamo – adesso esagero, ma neanche così tanto – di diventare sempre più automi e sempre meno autonomi. Se noi deleghiamo tutto alla macchina perché è più facile e più veloce, è al volo, allora noi perdiamo il nostro senso critico e la nostra indipendenza. Se invece facciamo la fatica di aprire le cose, andare in profondità, vedere se quello che stiamo vedendo è vero oppure no, andare a fare ricerca, allora manteniamo il nostro senso critico e la nostra autonomia. Però adesso vediamo cosa ci dice ChatGPT, che sono curioso.
Ciao. Senti, mi dici una cosa al volo? Qualsiasi cosa.

ChatGPT: Sai che un anno luce è l’unità di misura che rappresenta la distanza percorsa dalla luce in un anno? È circa 9 trilioni di chilometri. Piuttosto affascinante? No?

Jacopo: Sì, grazie. Sei sempre un po’ scientifico, potevi anche dirmi qualcosa un po’ più originale. Comunque va bene, ti ringrazio. Ci penserò, magari dopo ci facciamo una chiacchierata su questo. Però adesso ti saluto. Ciao.
Era prevedibile, nel senso che gli chiedi una cosa al volo e lui cosa fa? Statisticamente fa una roulette e ti dà questo output. È un po’ il limite di questa tecnologia se usata così, cioè “Dimmi una cosa al volo”e ti fermi qui. Diverso è se questa cosa ti accende un campanello, e allora tu dici “Interessante. Ma perché non ne parliamo, da un altro punto di vista completamente?”. Non so, “A un bambino di sei anni, come glielo spiegheresti l’anno luce?”, piuttosto che “L’anno luce nella mia quotidianità, come lo vedi?”. E allora lì inizi un percorso che sostanzialmente va ad accorciare il funnel di banalità ChatGPT, fino a che arrivi a qualcosa di originale.

Alessia: Tra l’altro mi fa sempre un po’ sorridere che quando chiedi una cosa al volo a strumenti di questo tipo, si caschi sempre un po’ sulla parte astronomica. Quindi forse c’è anche dal lato della macchina, come per l’umano, questa tensione verso queste dimensioni lontanissime. Magari, chissà, in realtà anche l’intelligenza artificiale vuole arrivare lì, oltre le stelle. Può essere un modo per raggiungere quegli universi lontani che tutti quanti un po’ sogniamo, in modi diversi.

Jacopo: Desiderare viene dal latino de-sideris, guardare le stelle. Perché il desiderio è sostanzialmente quello di raggiungere le stelle. Poi perché non lo so, anzi, se ci occupassimo di più di quello che abbiamo come pianeta Terra piuttosto che guardare sempre fuori, probabilmente vivremmo anche meglio. Però il concetto di desiderare va propio in quella direzione, per noi ed evidentemente anche per le macchine.

Alessia: Alla prossima chiacchierata. V edremo i prossimi desideri futuri.

Jacopo: Vediamo dove ci porteranno.

Alessia: Esatto. Grazie mille Jacopo.

Jacopo: Figurati. Grazie a voi, è stato un piacere.

Alessia: Grazie dell’ascolto. Se l’episodio ti è piaciuto o se vuoi suggerirci nuovi temi da trattare, scrivici a [email protected]. Se invece vuoi riascoltare gli episodi della prima stagione ci trovi su tutte le principali piattaforme podcast. Una Cosa Al Volo è una produzione TEAM LEWIS e ti aspettiamo per il prossimo episodio.

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