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Alice Musso
Alice Musso è Direttrice Marketing di Too Good To Go Francia&Italia, con una solida esperienza nel settore food-tech e start-up/scale up.
Prima di arrivare in Too Good To Go nell’agosto 2023, ha maturato esperienze sempre in ambito marketing in Deliveroo ed HelloFresh, acquisendo competenze sia a livello di HQ che locale.
Alice è una leader comunicativa e determinata, con forti capacità di problem solving e orientata ai risultati in ambienti dinamici e in rapida evoluzione. Appassionata di innovazione e sostenibilità, porta avanti la sua missione di combattere lo spreco alimentare e contribuire alla crescita di Too Good To Go in Italia e in Francia, guidando i rispettivi team marketing e comunicazione.
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Alessia: Eccoci con una nuova puntata di Una Cosa Al Volo. Oggi abbiamo un ospite d’eccezione. Per noi è un grandissimo piacere avere Alice Musso, direttore marketing per l’Italia e per la Francia di Too Good To Go. Ciao Alice!
Alice: Ciao a tutti! Sono molto contenta di essere qua e vi ringrazio per l’invito.
Alessia: Grazie a te per averlo accettato, prima di tutto. Tra l’altro, sveliamo subito le carte: Too Good To Go, realtà che noi amiamo come utenti, è anche uno dei nostri clienti di agenzia. Infatti, per Too Good To Go seguiamo ormai da diverso tempo tutte le attività di Digital PR, quindi per noi è un doppio onore e un doppio piacere avervi ospiti qui con noi oggi.
Ormai, un po’ tutti in Italia conoscono Too Good To Go, la più famosa app anti-spreco che nasce in Danimarca per contrastare lo spreco alimentare. Alice, sono ormai cinque anni che siete sbarcati in Italia. Qual è il bilancio di questi primi anni di attività?
Alice: Sicuramente un bilancio positivo, anche se ovviamente c’è ancora tantissimo da fare. Come dicevi tu, siamo arrivati cinque anni fa come una start up danese piccolina, che ha cercato di inserirsi in un contesto in cui non c’era ancora una sensibilità spiccata sul tema dello spreco alimentare. In cinque anni siamo diventati un punto di riferimento nel settore e siamo riusciti sicuramente a cambiare positivamente le abitudini di tantissimi italiani.
La cosa che mi preme sottolineare è che questo avviene in un momento storico abbastanza eccezionale come quello della pandemia, a testimonianza della resilienza di Too Good To Go nel riuscire a farsi strada, in questi cinque anni, per cambiare le abitudini di consumo di tantissimi italiani. Questo lo dico perché guardando i nostri numeri è facile capire quante persone sono state impattate positivamente da Too Good To Go: quasi 19 milioni di pasti salvati, 9 milioni di utenti che hanno scaricato e provato l’app e salvato cibo dallo spreco, oltre 26.000 partner che hanno dato fiducia a Too Good To Go e trovato in noi quello che è il partner ideale per ridurre gli sprechi. Un altro dato che mi piace menzionare è il fatto che abbiamo salvato un pasto in almeno 2 comuni italiani su 3, questo per darvi il senso della capillarità che siamo riusciti a raggiungere in soli cinque anni.
Tommaso: Dato che noi italiani fondiamo il nostro essere sulla cultura del food, voi di Too Good To Go come vi siete inseriti in questo contesto da un punto di vista comunicativo? Come avete trattato lo spreco alimentare a livello di comunicazione e marketing?
Alice: Diciamo che inserirsi in un paese come l’Italia, dove come dicevi tu c’è una forte cultura del cibo, non è stata una sfida semplice, ma è stato sicuramente molto stimolante. In Italia, così come in altri paesi tra cui Francia e Spagna, si parla sempre di cibo. Ci si sveglia alla mattina pensando e parlando di cibo, si va a dormire pensando e parlando di cibo. Arrivare in un Paese con una forte cultura del cibo e parlare di cibo in scadenza non è stato qualcosa di facile da cui cominciare. Quello che abbiamo cercato di fare è creare un fil rouge tra le generazioni del passato e le generazioni attuali, che sono più sensibili al tema dello spreco alimentare. Abbiamo sfruttato contenuti che in realtà esistono da sempre, basti pensare alle ricette anti-spreco della nonna per riutilizzare il pane vecchio cucinando la pappa al pomodoro o la torta paesana, per esempio. Queste sono ricette che esistono da sempre e che restano fortemente attuali. Abbiamo cercato di spiegare il collegamento tra l’azione di salvare del pane vecchio dallo spreco e l’impatto che questa azione poteva avere sull’ambiente, quindi il contrasto allo spreco alimentare. Non abbiamo stravolto nulla, abbiamo semplicemente utilizzato concetti che già esistevano cercando di renderli più attuali.
Tommaso: Mi collego subito a quello che hai appena detto riguardo alla questione ambientale. Secondo te, il fatto che ora si parla sempre di più di spreco alimentare è legato a una maggior sensibilità relativa alla sostenibilità? Perché vedendo gli ultimi dati del Food Waste Index, si dice che il cibo sprecato è responsabile dall’8 al 10% delle emissioni di gas serra che provochiamo. Cosa ne pensi di tutto ciò? Pensi che ci sia una connessione tra la tematica dello spreco alimentare e la sostenibilità?
Alice: È sicuramente un punto importantissimo ed è quello che abbiamo cercato di fare in questi cinque anni di vita: rendere le persone consapevoli dell’impatto che lo spreco alimentare ha sul cambiamento climatico. La cosa positiva è che abbiamo notato che in generale l’attenzione verso questo tema è cresciuta moltissimo da parte degli utenti. 9 milioni di utenti sono tantissimi e sono tutte persone che in un qualsiasi momento di questi cinque anni si sono interessate al tema dello spreco alimentare. L’attenzione è arrivata anche da parte dei media, dell’opinione pubblica e di tutte quelle aziende con cui noi collaboriamo ogni giorno. Queste aziende sono proprio quelle che hanno deciso di mettere al centro della loro strategia ESG il tema dello spreco alimentare. Lavoriamo ogni giorno con loro, anche per supportarci a vicenda a livello comunicativo e assicurarci che il messaggio arrivi sempre più in là.
Un’altra cosa interessante è vedere come è cambiata l’attenzione delle istituzioni verso questo tema. Basti pensare che proprio qualche settimana fa c’è stata una proposta dell’Unione Europea per definire degli obiettivi giuridicamente vincolanti per tutti i Paesi membri, cosa sicuramente positiva. Anche in Italia ci stiamo muovendo in questo senso e qualche mese fa si è discusso molto sulla doggy bag e sulla volontà di renderla obbligatoria. Come dicevo prima, la strada è ancora molto lunga. Io sono responsabile anche del mercato francese e sicuramente la Francia sotto questo punto di vista è un paese molto più all’avanguardia lato normativa. Però appunto, stiamo lavorando per cercare di sensibilizzare sempre di più il mondo delle istituzioni a prestare attenzione a questo tema.
Alessia: Riprendendo il tema della doggy bag, devo dire la verità, sono rimasta piacevolmente stupita da questa scelta del Parlamento di iniziare ad approcciarsi al tema. Prima parlavamo di spreco alimentare e di come sia sempre stato insito nella nostra cultura. Giustamente menzionavi le ricette di recupero. Ricordo mia nonna, il cui insegnamento era “Il cibo non si spreca”, quindi qualunque cosa avanzava il giorno dopo, in una forma diversa, si consumava lo stesso. Sul tema della doggy bag, invece, mi ricordo che quando ero piccolina era quasi brutto portarsi il cibo che avanzava dal ristorante. C’era sempre un po’ la percezione del “No, non si fa perché non puoi sapere gli altri cosa potrebbero pensare di te se porti a casa il cibo che hai avanzato”, quindi piuttosto si lasciava lì e poi, ingiustamente, andava al macero. Secondo te anche questo rientra in questo cambio di passo di cultura, che ha permesso a una realtà come Too Good To Go di macinare dei numeri incredibili in un lasso di tempo così breve? È cambiato il nostro approccio e la nostra percezione nei confronti dello spreco del cibo?
Alice: Mi piace pensare che sia così. Sicuramente i numeri e l’impatto che abbiamo raggiunto in questi cinque anni dimostrano che ci sono sempre più italiani attenti a questo tema. Il tema della doggy bag è interessante, probabilmente dovremmo fare un altro podcast per approfondirlo. In generale, siamo assolutamente favorevoli a tutte queste iniziative che aiutano in qualche modo, come dicevi tu, a ridurre lo spreco alimentare. Cambiare il mindset delle persone e far capire loro che andare al ristorante, non necessariamente finire il piatto, ma portarlo a casa per mangiarlo il giorno dopo e far capire loro che questa cosa è ok, sicuramente è il primo passo per un mondo in cui idealmente lo spreco alimentare non esiste. Parte tutto proprio da queste piccole azioni, ed è un po’ il messaggio di Too Good To Go. Ognuno ha una responsabilità nel contrastare lo spreco alimentare, ma ognuno anche il modo di farlo in maniera assolutamente semplice. Si tratta veramente di piccoli gesti, come quello di appunto chiedere una doggy bag per portarsi a casa il cibo, conservare gli alimenti in modo tale che durino di più, leggere l’etichetta in maniera corretta e non buttare via del cibo che è ancora buono. Sono tutti piccoli accorgimenti che, se ognuno di noi mette in atto, aiutano ad avere un impatto positivo sull’ambiente.
Tommaso: La domanda di Alessia mi ha fatto venire in mente un’altra cosa. Se lato suo parlava di un cambio di pensiero da parte degli utenti, io da cinque anni a questa parte ho notato, come utente di Too Good To Go, un cambiamento vostro a livello di comunicazione, uno shift di linguaggio e tone of voice. Prima parlavate più che altro di lotta allo spreco alimentare.
Alice: Oppure anche di waste warriors.
Tommaso: Esattamente, ci siamo letti nel pensiero! Cercavate di coinvolgere la vostra community in quanto waste warriors. Questo cambio è stato dettato da una scelta più inclusiva per coinvolgere uno spettro di utenti più ampio o è dovuto ad altre esigenze?
Alice: È un’ottima domanda ed è sicuramente alla base della nostra strategia dell’ultimo anno. In realtà, a marzo dell’anno scorso c’è stato un rebranding a livello globale. L’obiettivo è diventato quello di rafforzare il senso della nostra community e far sentire tutte le persone protagoniste nel contrasto allo spreco alimentare.
Faccio un passo indietro e vi racconto quello che è stato il pensiero dietro questo rebranding, per rispondere anche la tua domanda. Viviamo in un mondo in cui ogni giorno succedono eventi eccezionali, davanti ai quali è molto facile sentirsi impotenti. Oltre al cambiamento climatico, possiamo pensare alla pandemia, la guerra, la povertà e così via. Partendo da questa prospettiva, l’idea è stata quella di offrire una soluzione tangibile a tutte le persone, in modo da renderle capaci di fare la differenza ogni giorno e avere soluzioni, esempi concreti e piccoli gesti per fare la differenza ogni giorno. Da qui, appunto, la decisione di sviluppare una nuova brand identity e un nuovo brand positioning capace di rivolgersi a una community più vasta rispetto a quella iniziale. Se prima parlavamo più che altro a persone che già erano sensibili rispetto al tema dello spreco alimentare, con il nuovo posizionamento e il rebranding in generale vogliamo far sentire ciascuno parte di questo problema e allo stesso tempo offrire a chiunque la soluzione per questo problema, perché tutti noi possiamo contribuire per risolverlo.
Per rispondere alla tua domanda, è una scelta più inclusiva, sicuramente. Abbiamo abbandonato termini che si ricollegavano di più alla sfera dell’attivismo, abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio più trasversale e inclusivo per rivolgerci a un pubblico che fosse il più ampio possibile. Il problema dello spreco alimentare è un problema che riguarda tutti e tutti possiamo fare qualcosa per contrastarlo, quindi era importante che anche il nostro brand trasmettesse questo messaggio.
Alessia: In genere quando si mette a terra e si va a definire una strategia di marketing e comunicazione, come ben sai, si tende a lavorare sul concetto di buyer persona per identificare i target, le persone alle quali vogliamo comunicare. Come hai detto tu, giustamente, lo spreco alimentare è veramente trasversale, quasi democratico, nel senso che tocca tutti quanti noi a prescindere dalle nostre caratteristiche intrinseche. Credo sia anche più difficile, a questo punto, riuscire a mettere a terra una strategia di comunicazione quando hai un ampio raggio da andare a toccare. Se dovessimo descrivere in tre parole, tre aggettivi o tre step quella che è stata o quella che continua ad essere e sarà la vostra strategia di comunicazione, che parole andreste ad utilizzare? O in che area avete lavorato e state lavorando di più?
Alice: Anche questa è un’ottima domanda. Per rispondere concretamente con tre parole, magari ne uso quattro. L’obiettivo è stato quello di ispirare e responsabilizzare il maggior numero di persone per contrastare lo spreco alimentare, che alla fine è la mission di Too Good To Go. Per fare questo, Too Good To Go deve essere necessariamente un brand di successo, che sia però credibile, riconoscibile, amato e desiderato. L’intera strategia di comunicazione ha avuto questo come obiettivo principale.
Prima parlavamo di cercare di interagire di più con la nostra community e metterla al centro della nostra strategia di comunicazione insieme a tutte le persone che ogni giorno salvano una surprise bag. Per fare questa cosa abbiamo dovuto lavorare a diversi livelli, anche a supporto di tutte quelle che sono le iniziative che ogni giorno mettiamo in atto, tra cui per esempio l’etichetta consapevole. Prima hai menzionato un dato interessante sulle emissioni di CO2. Un altro dato importante, anzi, impressionante, è che oltre il 50% dello spreco alimentare avviene all’interno delle mura domestiche. Cosa può fare Too Good To Go per sensibilizzare e dare alle persone degli strumenti concreti per fare la differenza ogni giorno? Sicuramente istruirle sul fatto che è importante leggere l’etichetta correttamente e che ci sono dei prodotti che superato il termine minimo di conservazione sono ancora buoni da mangiare. Basta osservarli, annusarli, assaggiarli e se sono ancora buoni si possono tranquillamente consumare.
Alessia: Quando stavamo affrontando il tema del linguaggio e di come il linguaggio di Too Good To Go è cambiato in questi ultimi anni, hai menzionato il fatto che vi siete voluti avvicinare a un tipo di wording, quindi tone of voice, che fosse maggiormente inclusivo, a tratti vicino a tutto quello che è il campo dell’attivismo. Oggi si parla molto di attivismo online, un tipo di attivismo performativo che vive moltissimo sulle piattaforme e sui social. Too Good To Go è chiaramente un’app, uno strumento di innovazione tecnologica. Credo che anche voi siate molto vicini a questi cambiamenti che hanno investito il mondo dei social. Che ruolo ha giocato nel vostro piano e nella vostra strategia di comunicazione tutto quello che è il comparto dei social? Sono stati effettivamente efficaci per ampliare la vostra community? Come li utilizzate?
Alice: I social sono stati fondamentali all’interno della nostra strategia di comunicazione, perché sono lo strumento che ci permette di avere un dialogo aperto con la nostra community. Come dicevamo prima, per noi era importantissimo creare un senso di appartenenza, far sentire le persone parte della soluzione a quello che è il problema dello spreco alimentare, ringraziarli ogni giorno per il contributo che danno nel contrasto allo spreco alimentare e fare in modo che ci potessero dare anche loro dei feedback. Di recente abbiamo lanciato una nuova funzionalità sull’app per poter delegare un amico a ritirare la surprise bag, o anche banalmente per poter regalare una surprise bag a un amico. Questo è stato proprio un feedback che è arrivato da parte degli utenti: li abbiamo ascoltati e in qualche modo abbiamo sviluppato una funzionalità che rispondesse alle loro richieste.
Per tornare alla tua domanda, innanzitutto utilizziamo i social per condividere quotidianamente consigli antispreco, riproporre le ricette di cui parlavamo prima e dare dei consigli concreti agli utenti, ma anche ricondividere i contenuti che i nostri utenti creano ogni giorno, i famosi User Generated Content (UGC). Ne abbiamo tantissimi ogni giorno e per noi è importante condividerli per ringraziare le persone che hanno salvato una surprise bag e hanno dato il loro contributo nella battaglia allo spreco alimentare, proprio perché sono questi piccoli gesti che possono fare la differenza.
Tommaso: Abbiamo parlato di come un’applicazione debba essere tecnologica. Curiosità: utilizzate l’intelligenza artificiale? Come?
Alice: È una domanda molto interessante, perché in realtà l’intelligenza artificiale è qualcosa a cui ci stiamo avvicinando e che per forza di cose diventerà preponderante anche nella strategia dei prossimi anni. Qualcosa che vi posso anticipare e che è stato lanciato quest’anno in alcuni Paesi in Europa, anche se siamo ancora un po’ agli albori in Italia, è Too Good To Go Platform. Si tratta di un software che sfrutta l’intelligenza artificiale per ottimizzare la gestione dei prodotti a magazzino delle catene di grande distribuzione. Non mi addentro nei dettagli, ma è sicuramente la dimostrazione di come Too Good To Go cerca di ascoltare non solo gli utenti, ma in questo caso anche i partner per capire le loro necessità e offrire soluzioni concrete per supportarli, con l’obiettivo ultimo di ridurre lo spreco alimentare. In Italia non abbiamo ancora una data ufficiale di lancio, ma è sicuramente qualcosa che stiamo esplorando ad oggi.
Alessia: Come ci siamo un po’ detti all’inizio della puntata, chiaramente la mission di Too Good To Go è contrastare lo spreco alimentare, quindi è molto legata alla questione ambientale, come abbiamo più volte ribadito. Abbiamo sottolineato come lo spreco alimentare sia una delle cause del cambiamento climatico. Pensi però che ci sia anche una mission più sociale, cioè che abbia una ricaduta sulla società?
Alice: Secondo me, si ricollega a quello che dicevamo prima, quindi al fatto che Too Good To Go in qualche modo ha influenzato positivamente gli italiani e ha creato delle nuove abitudini di consumo, quindi sicuramente sì. Anche ritornando al discorso della doggy bag e del fatto che in passato magari ci si sarebbe vergognati nel chiedere al ristorante di portare a casa il cibo avanzato… Stiamo vedendo un cambio significativo nella modo di pensare e di comportarsi degli italiani. La strada da fare è ancora lunghissima e possiamo solo ispirarci ad altri Paesi che da un punto di vista normativo sono molto più avanzati di noi.
Tornando a quello che ogni singola persona può fare, in realtà c’è tantissimo. Se più del 50% del cibo prodotto viene sprecato a casa, questo significa che tutti quanti abbiamo un ruolo fondamentale per cercare di ridurlo, dall’andare a fare la spesa e comprare meno (o solo quello che serve), al conservare i cibi in maniera corretta, guardare la ricetta antispreco sul profilo Instagram di Too Good To Go e decidere di cucinare la pappa al pomodoro perché ho del pane vecchio… Tutta una serie di piccoli accorgimenti, che se ognuno di noi mette in atto ogni giorno sicuramente possono fare la differenza.
Alessia: Alice ti faccio una domanda un po’ provocatoria, però è una curiosità da grandissima fruitrice dell’app, che adoro proprio per il concetto e per le opportunità che ti dà di scoprire il tuo quartiere o la tua città. O almeno, per me è stato così. Però quanto credi che abbia impattato sul successo di Too Good To Go il fatto che ci troviamo in un momento storico ed economico non particolarmente florido? Penso soprattutto alla nostra generazione un po’ meno ricca. Credi che Too Good To Go avrebbe avuto lo stesso successo nei gloriosi anni ’80 o anni ’90, in cui magari il concetto di spreco alimentare non era minimamente percepito e né attenzionato dalle persone stesse?
Alice: In realtà sono contenta che tu mi abbia fatto questa domanda. Nelle domande precedenti abbiamo sempre parlato di impatto sull’ambiente, che è ovviamente la cosa più importante quando si parla di Too Good To Go, però il rapporto qualità-prezzo è un altro elemento vincente e parte della strategia comunicativa di Too Good To Go. Si tratta di prodotti che sono venduti ad almeno metà del prezzo e hanno comunque un’ottima qualità. Avrebbe avuto lo stesso successo negli anni ’80? Secondo me questa è più una domanda che si ricollega alla sensibilità nei confronti del tema dello spreco alimentare. C’era questa sensibilità negli anni ’80? Probabilmente no, o comunque non era la stessa che c’è adesso. Mi viene da dire per fortuna, perché vuol dire che stiamo facendo dei passi avanti! Però sì, sicuramente in un certo senso l’inflazione e la crisi economica che stiamo vivendo hanno facilitato l’adozione dell’app e portato le persone a dire “Ok, perché no, provo”. Poi la cosa che sicuramente fa restare le persone non è il buon prezzo, ma il fatto che si tratta di cibo di qualità, di un’azione molto positiva che ha un impatto positivo sull’ambiente e, come dicevi tu, permette di scoprire posti che diversamente avrei mai provato nella tua zona.
Tommaso: Insomma, è un “No” alla fine del mondo, ma un “Sì” alla fine del mese.
Alice: Mi piace!
Tommaso: Io chiudo passando a qualcosa di più pratico. Volevo chiederti la campagna di comunicazione o le campagne di comunicazione e di marketing di maggior successo in Italia, e non solo, negli ultimi cinque anni. Insomma, le prime che ti vengono in mente.
Alice: Dunque, in realtà ce ne sono tantissime. Io tra l’altro sono arrivata da nove mesi, ma quando sono arrivata mi hanno subito fatto analizzare una campagna che era stata lanciata nel settembre 2022 chiamata Settembre da Record, che è stata sviluppata appunto a settembre in occasione della Giornata Internazionale di Prevenzione sugli Sprechi Alimentari. È stata una campagna molto forte.
Da quando sono arrivata io ci sono state diverse altre campagne. Abbiamo fatto una campagna iper-locale su Roma, dove abbiamo avuto anche investimenti in Out Of Home per far conoscere Too Good To Go e cercare di sensibilizzare i romani sul tema dello spreco alimentare.
Insieme a voi abbiamo anche lavorato alla campagna Un Febbraio a Impatto Vero, partita in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione degli Sprechi Alimentari e che è stata protagonista su tutti i nostri canali nel corso del mese di febbraio. È nata a partire da un evento che dedicato a tutti i nostri partner, ma poi si è spostata su tutti i canali social e abbiamo lavorato con diversi influencer per cercare di rendere febbraio un mese impattante. Abbiamo lanciato anche un contest in quest’occasione per stimolare le persone a fare la differenza e dare il loro contributo, ma poi in qualche modo gratificarli e dire “Ok, se acquistate tot surprise bag allora potete vincere determinati premi”.
Altre campagne che mi piace ricordare sono tutte le campagne stagionali che facciamo. Ormai è il quarto anno di Save the Panettone e da poco abbiamo anche proposto Salva la Pasqua. Sono campagne importantissime perché aiutano a riportare il focus sul tema dello spreco alimentare in un momento dell’anno in cui in realtà lo spreco è maggiore rispetto alla norma. Da una parte questo ci permette di continuare a sensibilizzare gli utenti in questi momenti, dall’altra possiamo aiutare i partner a vendere quello che è un effettivo invenduto.
Per il futuro ci sono tante altre campagne che non vi posso ovviamente anticipare, ma sarete probabilmente i primi ad essere coinvolti! In Too Good To Go abbiamo cinque valori e uno di questi è “raise the bar”, alzare sempre l’asticella. Mi piace pensare che le campagne che abbiamo fatto finora siano il punto di partenza e che quelle che ci saranno, saranno sempre meglio e sempre più efficaci, anche perché abbiamo cinque anni di insegnamenti da mettere in pratica.
Alessia: Direi che siamo giunti alla fine e con questo vuol dire che c’è anche la nostra ultima domanda… Che non è una domanda a trabocchetto, tranquilla! Ogni volta, a chiusura di una puntata, chiediamo al nostro ospite di dirci una cosa al volo, la prima che ti viene in mente e che può anche non riguardare Too Good To Go.
Alice: Una cosa al volo… Allora, proprio perché è una cosa al volo non riesco a pensare a nulla se non al fatto che mi sento molto fortunata di essere qui oggi a parlare con voi, tenendo presente come è iniziata la mia mattina. Piccolo aneddoto: sono salita sulla mia bicicletta, è caduta la catena, sono andata dal biciclettaio, il biciclettaio era chiuso. Ho preso una bici elettrica, il pedale era rotto. E niente. Nonostante questo, la giornata va avanti. Il podcast è riuscito e… Basta!
Alessia: Grazie mille, Alice.
Alice: Grazie a voi.
Alessia: Grazie dell’ascolto. Se l’episodio ti è piaciuto o se vuoi suggerirci nuovi temi da trattare, scrivici a [email protected]. Se invece vuoi riascoltare gli episodi della prima stagione ci trovi su tutte le principali piattaforme podcast. Una Cosa Al Volo è una produzione TEAM LEWIS e ti aspettiamo per il prossimo episodio.