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Andrea Sesta
Andrea Sesta (Verona, 1988 – L’Avana 2101) è uno degli autori di Lercio.it. Nella vita si occupa di comunicazione, libri, meme e pirati.
Fondato nel 2012, Lercio è un sito satirico italiano di false notizie di taglio umoristico, comico e grottesco che fanno il verso agli articoli tipici della stampa sensazionalistica. Il suo nuovo libro, 70 grandi rompicazzo della storia (People, 2024) è in libreria da fine giugno!
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Tommaso: Cavalcando il tema della disinformazione, a me viene in mente una cosa più nerd che è l’intelligenza artificiale. Si può dire che stia aiutando la disinformazione da un certo punto di vista. Da quando l’intelligenza artificiale ha vissuto questo boom, vediamo molte immagini o video modificati con l’intelligenza artificiale. Se queste fake news ora veramente sembrano vere, è merito dell’intelligenza artificiale?
Andrea: Il tema dell’intelligenza artificiale, legato a quello di cui stiamo parlando, ha comunque a che fare con l’umano, cioè con quello che fanno le persone che la programmano e che utilizzo ne fanno gli utenti. Ma questo vale sempre. Mi sembra che fosse McLuhan, giusto per citare i più grandi sociologi della comunicazione, a dire che “Ogni guerra si combatte con le più nuove armi a disposizione”. Chiaramente, se adesso l’arma più grande che abbiamo a disposizione dal punto di vista della comunicazione è l’intelligenza artificiale e la guerra è una guerra di informazione, chiaramente l’intelligenza artificiale diventa uno strumento con cui si combatte questa guerra. Però, appunto, dipende da quello che decidono di fare con questa nuova tecnologia.
Nel caso della creazione di video finti, possiamo immaginare una campagna elettorale di Trump che mette in giro o aiuta a diffondere video creati da altri, in cui Biden prende a schiaffi dei bambini per strada mentre Trump salva una vecchietta che sta affogando in una piscina. Possiamo tranquillamente ipotizzare che una cosa così succederà, se non cose simili o ancora più assurde, riprese e spacciate per vere. E dopo arriverà qualcuno che dirà “No, guardate quel pixel lì” o “A mezzogiorno in Wisconsin il sole non fa quell’ombra. Si vede chiaramente che è un deep fake o un’immagine fatta con intelligenza artificiale”. Questo sarà parte del dibattito, chiaramente, ma forse è sempre stato così anche senza intelligenza artificiale. Rimanendo nella campagna elettorale americana, è facile che qualche candidato abbia esso in giro una voce falsa sul suo competitor. C’è un aneddoto su Lyndon Johnson, vicepresidente di Kennedy e quando Kennedy muore… o meglio, viene ammazzato. Da chi? Forse si dovrebbe aprire un’altra puntata del podcast, ma lascio gli ascoltatori a riflettere su queste teorie del complotto. Comunque sia, Lyndon Johnson era governatore del Texas, democratico del Sud e un uomo anche abbastanza rozzo. Ha messo in giro la voce che il suo avversario si scopava le galline, ma non perché avesse prova di questo. Scusate, sono stato greve, ma era greve lui e ho utilizzato le stesse parole. L’avversario di Lyndon Johnson era quindi obbligato a smentire il fatto che si scopasse le galline e quindi non si parlava più dei temi tipo della segregazione o del fatto che i repubblicani fossero ancora più segregazionisti in quel momento. Doveva necessariamente parlare di una cosa che aveva deciso Lyndon Johnson. Sarà la stessa cosa con l’intelligenza artificiale, in un certo senso. Sarà sempre uno strumento che ti permetterà di fare agenda setting.
Al di là dell’agenda setting, il tema dell’intelligenza artificiale non mi spaventa nella misura in cui non è abbastanza in grado di capire l’umorismo, almeno nella versione diffusa a noi comuni mortali. Questo, per me che scrivo battute, è molto importante. L’intelligenza artificiale come ChatGPT, Bard e omologhi più o meno sviluppati o più o meno a pagamento non sono ancora in grado di scrivere battute. Possono scrivere qualcosa di buffo, nel senso che possono leggersi tutti i libri comici del mondo in un secondo, in una giornata, e dopo produrre qualcosa, però di solito è qualcosa di straniante, di assurdo, di surreale. Non è qualcosa di veramente comico. Quello che l’intelligenza artificiale, e i computer in senso lato, non riescono ancora a capire è il sottotesto di un discorso, che è quello che poi fa scattare la risata. C’è una battuta nel film Ninotchka di Ernst Lubitsch del 1939 in cui la protagonista chiede un caffè senza crema. Il cameriere ritorna, dice “Chiedo scusa. Non abbiamo la crema, se vuole posso farle un caffè senza latte”. E ovviamente tutti ridono, perché fa ridere. Però la distanza che c’è tra un caffè senza crema e un caffè senza latte è una distanza che noi umani possiamo capire, no? E ci fa ridere questa cosa che manda in confusione un cameriere, ma una macchina al momento non può capirlo e non sarebbe neanche in grado di generare o replicare qualcosa di simile. Sempre a tema caffè, nel film Grazie, signora Thatcher della metà anni ’90 c’è una band di minatori inglesi che sta per rimanere senza lavoro perché stanno chiudendo tutte le le miniere. Ewan McGregor accompagna a casa l’altra protagonista, di cui non ricordo il nome, lei lo invita su a prendere un caffè e McGregor dice “Grazie, ma a me non piace il caffè” e lei risponde “Non preoccuparti, non ho il caffè”. Ovviamente c’è un intendere romantico, per noi è chiaro ed esplicito, però una macchina questa cosa non la può capire perché non si sta assolutamente parlando di copulare, non sta parlando di caffè o non caffè. Questo l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di produrlo, se non in termini totalmente surreali e astratti. Esistono copioni scritti in intelligenza artificiale, ma non hanno questo grado di profondità. Per questo ancora non mi spaventa. Quando saranno in grado di fare cose simili e di creare questo genere di battute e intendimenti, allora lì dovrò iniziare a mandare il curriculum, non so dove, ma da qualche altra parte sicuramente.
Alessia: Era proprio una delle domande che volevamo farti, ci hai anticipato. Si parla tantissimo di intelligenza artificiale come frontiera dell’innovazione che può minare la professionalità di tantissimi lavoratori, perché adesso il leitmotiv che leggiamo ovunque è “Per colpa dell’intelligenza artificiale perderemo il lavoro”. Mi sembra di capire che l’ironia, che è il motore di un lavoro come il vostro, difficilmente possa essere imparato dall’intelligenza artificiale. O secondo te è soltanto una questione di tempo? Magari arriveremo in futuro a un livello di sviluppo tale per il quale riusciranno anche a fare le battute alla Lercio. Non so, vi preoccupa un po’ il tema o è un qualcosa al quale giustamente non non riflettete?
Tommaso: Anche di istruzione dell’intelligenza artificiale stessa, magari più parliamo con un tono ironico più recepisce.
Andrea: Questo sì, sicuramente. Stanno imparando e arriverà il momento in cui potranno fare delle battute. Immagino che lo vedremo anche nella nostra vita. È veramente questione di anni, non vedo perché non dovrebbe essere così. Però a uno sviluppo della tecnica corrisponde anche uno sviluppo di quello che è il sentire umano, o meglio, quella che è la nostra sensibilità. Io, oltre che essere uno degli autori di Lercio e dividermi questa responsabilità con altri 19 amici, lavoro nell’editoria. La forma romanzo che noi diamo per scontata esiste da 300-400 anni, non di più. A noi ci sembra il massimo che uno può fare, cioè mettere delle parole scritte una dopo l’altra per raccontare una storia. Però c’è stato tutto un periodo più o meno fino al 1600 in cui questa cosa non esisteva e non è che non si raccontassero storie. Si cantavano canzoni, si scrivevano poesie, poemi… Io sto parlando del romanzo come una sorta di forma tecnologica. Questa cosa penso possa essere vera anche per l’intelligenza artificiale: non è che smetteremo di inventare battute o di fare belle battute solo perché c’è l’intelligenza artificiale, ci sarà quella cosa lì e ce ne saranno altre, ce ne inventeremo ulteriori per continuare a farci ridere tra di noi o far ridere le altre persone. In questo momento non so cosa ci aspetta, lo sapessi forse non ve lo direi. Forse lo so e non ve lo sto dicendo.
Alessia: Facendo un po’ di ricerca in preparazione alla puntata, abbiamo scoperto che in Germania esiste una versione di ChatGPT che però è particolarmente ironica e anche un po’ svogliata. È me in versione intelligenza artificiale, mi sento di dire. Potrebbe essere un tool che in futuro potreste utilizzare nel lavoro editoriale di scrittura di Lercio? O secondo te rimane un esperimento simpatico, ma non può arrivare a comprendere tutti quei sottotesti narrativi che poi permettono a Lercio e a realtà come la vostra di fare il lavoro di satira che fate ogni giorno?
Andrea: Penso che tu stia facendo riferimento alla versione di ChatGpt che ha creato Der Postillon. A differenza nostra, loro hanno anche degli sviluppatori, delle persone che sanno lavorare con i numeri e i segnetti, non soltanto con le parole. Mi sembra che il codice di ChatGPT, almeno in parte, sia open per cui hanno preso quel codice e hanno creato un’intelligenza artificiale svogliata, che ti dà risposte sbagliate sapendo che sono sbagliate, però anche un po’ ironiche. L’evoluzione passa sicuramente anche da lì ed è una forma con cui può creare comicità. Esistono film e script creati con l’intelligenza artificiale e sicuramente diventerà parte del panorama. Come c’erano film solo in bianco e nero, poi sono arrivati quelli a colori. Prima c’erano i film 2D, poi sono arrivati i film 3D, ma ci sono anche film in sale cinematografiche con le sensazioni olfattive o il cinema dinamico nei parchi divertimenti. Però voglio dire, possiamo sempre allargare in una dimensione o nell’altra quella che è l’esperienza e l’intelligenza artificiale entrerà a far parte di questo allargamento delle esperienze. Come dicevo all’inizio, è una cosa che ha a che fare con l’uomo: cosa vogliamo farne? Vogliamo farci scrivere le battute da ChatGPT? Se la risposta è sì, va bene, allora ce la stiamo facendo. Se quello che ci interessa è continuare a dare il nostro punto di vista comico, ma più generale il nostro punto di vista sulla realtà, allora noi continueremo a farlo a prescindere.
Se ci togliessero i computer a noi della redazione di Lercio, ci trovereste ai lati della strada con un campanaccio in mano dicendo che la fine del mondo è vicina. Oppure qua ne leggo una nostra “Medici vestiti da operai per gli anziani in ospedale: arriva la cantiere terapia”. È una notizia che abbiamo scritto noi, non lo scriveremmo nei libri o su internet, lo urleremmo ai lati della strada.
I colleghi tedeschi non sono i soli, nel senso che abbiamo creato un gruppo che comprende altri siti satirici europei e non solo. Ci siamo noi di Lercio in Italia, Der Postillon in Germania, El Mundo Today in Spagna, NewsThump nel Regno Unito, Waterfall Whisper News in Irlanda, Die Tagespresse in Austria, De Speld in Olanda e abbiamo anche dei cugini australiani (The Betoota Advocate) che non fanno parte dell’Europa fisica ma dell’Europa in senso spirituale o comunque possiamo ritenerli i nostri cugini che sono andati a cercare fortuna dall’altra parte del mondo. Abbiamo questa lega, siamo un po’ il circolo Bilderberg, solo che come dire… Siamo molto più onesti e non fatturiamo altrettanto, purtroppo.
Alessia: Giustamente parlavamo della qualità del lavoro che fa Lercio a livello di scrittura. Ci hai letto diverse frasi scritte appositamente da Lercio, ma io ho una curiosità. C’è qualche aneddoto di Lercio che vuoi condividere con noi? Ad esempio la vostra battuta più virale o a cui tutti hanno creduto.
Andrea: Vuoi la storia che ha a che fare con il Vaticano o la storia che ha a che fare con l’Isis?
Alessia: Dipende quale delle due ci potrebbe tirare in giudizio. Non so se abbiamo abbastanza soldi per difenderci da due cause contemporaneamente.
Andrea: Io faccio battute e mi assumo la responsabilità di quello che dico e scrivo, quindi non ci sono problemi.
Alessia: Diccele entrambe, poi vedremo.
Andrea: “Errore nel sistema operativo, Radio Maria passa i Megadeth” è una nostra una delle nostre prime notizie che è andata talmente virale da essere stata presa per vera. Era proprio inizio 2013, quindi eravamo nati da poco e c’era tutto un articolo, non solo il titolo. Raccontavamo che Pio Settimino, stagista svogliato, aveva lasciato la chiavetta USB nel computer principale dell’emittente radiofonica e a un certo punto invece del programma “A pranzo con il Corpo di Cristo” partivano i Megadeth, i Cannibal Corpse e i System of a Down, per cui in tutti i citofoni e termosifoni della zona si sentivano queste canzoni dark trash metal invece che le omelie. Questa notizia viene ripresa per vera da Repubblica XL, che era tipo l’inserto Young di Repubblica. Non c’è più, chissà perché. Anche altri giornali riprendono la notizia, gira un paio di giorni fino a che un giornalista italofono della rete televisiva pubblica svizzera alza il telefono, chiama padre Livio Fanzaga – direttore di Radio Maria – e dice “Ma è vero che avete trasmesso i Megadeth?”. E lui risponde “Non mi risulta”. Da questo capiamo che nemmeno padre Livio ascoltasse Radio Maria, ma non gliene facciamo una colpa. Non abbiamo la certezza assoluta perché nemmeno noi l’abbiamo ascoltata, però sicuramente quella notizia l’abbiamo scritta noi. Questa è proprio una delle prime volte in cui siamo andati virali e presi per veri. Ora ho recitato a braccio, ma c’erano tutti gli elementi per capire che fosse una storia inventata. Questa è quella che aveva a che fare con quella emittente radiofonica del Vaticano.
Alessia: Che non vi ha mai scritto, mi sembra di capire. Radio Maria non ha mai cercato un contatto con voi.
Andrea: No, immagino che sarebbe come quando nei film un indemoniato tocca l’acqua santa e si brucia. Lascio a voi intendere chi è chi.
Per quanto riguarda l’Isis, c’è questa storia del 2015/2016. L’Isis, che all’epoca era un grosso problema, aveva un ottimo social media manager e quindi pubblica la foto di una decapitazione di un prigioniero iracheno che però indossava una maglietta del Napoli. Era il momento in cui l’Isis faceva attentati anche in Europa, per cui si pensava che fosse un messaggio come per dire “Adesso siamo qui, ma stiamo arrivando non solo in Europa, non solo in Italia, ma a Napoli”. Un giornalista riprende la notizia e inferisce che stia per arrivare l’Isis in Italia, ma dice “Non preoccupatevi se vedete la maglietta del Napoli su questo prigioniero iracheno. Probabilmente è dovuto al fatto che questa persona indossa una delle magliette che vengono donate alle associazioni benefiche, tra cui alcune delle più famose è Dribbla la Povertà.” Indovinate chi ha inventato Dribbla la Povertà? Noi. Era un articolo che c’eravamo inventati, in particolare Vittorio Lattanzi, in cui il titolo di per sé non faceva neanche ridere “Ecco perché nei Paesi del terzo mondo ci sono un sacco di bambini con le magliette dei calciatori”. In questo articolo si diceva che esisteva un’Onlus chiamata Dribbla la Povertà, che aveva come intento quello di spargere il messaggio dei calciatori come Vieri, Inzaghi, i Calypso Boys del Manchester United, Ronaldo e altri, ovvero quello divertirsi e spassarsela, senza fare figli. Per fare passare questo messaggio regalavano le magliette dei giocatori di calcio. Questo era il senso di Dribbla la Povertà, che nulla aveva a che fare con l’Isis, però evidentemente questo giornalista di Repubblica aveva cercato “Terzo mondo magliette calcio” e ha trovato Dribbla la Povertà e ha detto “Non preoccupatevi, è Dribbla la Povertà che dà le magliette. State tranquilli, l’Isis non ce l’ha con Napoli”. Tra l’altro c’erano i napoletani già pronti a dire “Abbiamo cacciato i nazisti, figuratevi se non cacciamo voi”. Poteva finire qui. Invece la notizia si diffonde tanto che Repubblica prende questa cantonata gigantesca e a un certo punto c’è anche chi dice che non è vero che l’Isis ha decapitato un povero con la maglietta del Napoli. Purtroppo è vero, questa persona è stata è decollata, non perché fosse napoletana né che la maglietta avesse un senso. A un certo punto, Beppe Grillo, che all’epoca era proprio leader del Movimento 5 Stelle, fa partire l’hashtag #IoNonLeggoRepubblica che faceva parte della sua campagna contro Repubblica, particolarmente attenta a quello che faceva il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo quindi dice “Io non leggo Repubblica perché usa Lercio come fonte”. Effettivamente da quel piccolo punto di vista aveva ragione, se non che all’epoca attaccato al sito di Grillo c’era un aggregatore di news che si chiamava tipo “Mosca Tze Tze” che prendeva le peggio cose, tipo la propaganda filoputiniana e notizie a caso, le cose più assurde… Biodinamiche, alieni, tutto. Andavano tutte in questo feed e apparivano in spalla al blog di Grillo. Una di queste notizie era di questo ragazzino che si svegliava dopo dodici anni di coma. Non mi ricordo il titolo dell’articolo, ma iniziava dicendo che la notizia era avvenuta ad Abbiategrappa e dopo dodici anni di coma un bambino si sveglia, si stacca della spina e muore. Questa notizia l’avevamo scritta noi, quindi a un certo punto Grillo stava dicendo a Repubblica “Non leggo Repubblica perché prende Lercio come fonte”, ma a sua volta sul suo sito aveva utilizzato Lercio come fonte per una notizia, che ovviamente non era una notizia, era una nostra battuta. Poteva finire qui, e più o meno è finita qui, senonché qualche anno dopo abbiamo partecipato a un festival della comunicazione a Trieste, Parole ostili, e Repubblica quando ha dato la notizia della nostra partecipazione ha detto “Il noto sito satirico: Lurido”. Questa cosa qui non era collegata, ma nella nostra testa sì e l’abbiamo presa un po’ come la loro vendetta per il fatto che li abbiamo involontariamente presi in giro. Ed è così che abbiamo chiamato la nostra newsletter per chi si abbona a Lercio. Ogni settimana c’è una newsletter che si chiama Lurido in onore di tutta questa storia che parte dall’Isis, ha in mezzo a Repubblica e Beppe Grillo, e finisce a Trieste.
Alessia: Non trovo le parole giuste per commentare questo fil rouge che unisce Isis, un iracheno con la maglietta del Napoli, Repubblica, Trieste e lurido. È un grandissimo romanzo ante litteram.
Andrea: È proprio uno di quei romanzi mondo.
Alessia: Sì, esatto. Proprio la cavalcata dell’eroe e tutti i grandi ostacoli che deve superare.
Andrea: A volerla vedere da un punto di vista narratologico, c’è tutto.
Tommaso: Con queste storie ci dai una specie di assist, perché ci fa capire come giornalisti o intere testate molte volte non facciano nemmeno un po’ di fact checking. Tra l’altro, una delle ultime ricerche del CENSIS dice che per 3 italiani su 4 è sempre più difficile scoprire le fake news. Voi internamente come fate fact checking?
Andrea: Noi lo facciamo con gli strumenti a disposizione della maggior parte delle persone: guardiamo la notizia e verifichiamo se ci sono diverse fonti che più o meno la danno per buona. Quando 3-4 anni fa Di Maio propose Lino Banfi come rappresentante dell’Unicef per un determinato ruolo, sembrava letteralmente una cosa che avevamo scritto noi. La gente ci scriveva “Questa l’avete scritta voi e l’avete mandata in giro”. No, è una cosa successa veramente… Ma ci sono tutti i crismi per farti sembrare la notizia falsa, non per forza di Lercio, ma falsa. Però dovresti aspettare un secondo, non devi per forza essere il primo a commentare una notizia.
Per chiudere il discorso, visto che abbiamo parlato male dei giornali e della velocità con cui scrivono male una notizia o diffondono fake news, fare news satire vuol dire fare parodia del giornalismo e amare il giornalismo, cioè credere che sia necessario raccogliere, diffondere e analizzare le informazioni. È importantissimo quello che fanno i giornalisti ed è importante perché è quello che ci permette di vivere bene in una società democratica informata, appunto. Altrimenti vivi in un regime, in mezzo alla propaganda o nel Medioevo, che comunque è la stessa cosa da quel punto di vista, perché vivi dove c’è un’unica fonte di informazione indiscutibile.
Il fact checking lo fai prendendoti il tuo tempo e controllando, non fidandoti della pancia, perché davvero può succedere a tutti di sbagliare. L’avete visto prima facendo il “È vero o è Lercio?”, ma andando su “Ah, ma non è Lercio” è facilissimo leggere notizie vere che però sembra scritte da noi, oppure notizie che scriviamo noi e che si avverano. Veramente, si tratta di avere pazienza. Non è che dobbiamo per forza subito dire quanto siamo arrabbiati. Partiamo dal presupposto che siamo già tutti arrabbiati, siamo tutti scontenti e vogliamo tutti scendere in piazza e rovesciare il mondo. Con questo presupposto, prendiamoci del tempo per capire veramente cosa ci fa arrabbiare. Ci sono cose vere, iniquità e ingiustizie che ci fanno arrabbiare. Prendiamoci il tempo per capire dove sono quelle cose vere, a dispetto di quelle cose che vere non sono. E se vengono diffuse cose false, c’è sempre dietro un umano che le diffonde. Possono anche essere create artificialmente con un computer o con una macchina, ma c’è qualcuno che le crea e le diffonde sapendo che sono false. Perché lo sta facendo? Qual è il suo fine? Il suo fine è quello di disinformare, ma non lo fa solo per gioco. Può essere che lo faccia solo per gioco, esistono i troll che lo fanno per il gusto di trollare. “Some people want to Watch the world burn”, come dice Alfred a Batman nel Cavaliere Oscuro. Ma magari c’è un disegno dietro, un disegno criminale, un disegno economico, ma anche un disegno di egemonia e di potere. Tutto questo dietro una notizia molto semplice certe volte, per questo si tratta veramente di fermarsi un secondo. Non si tratta solo di segni bianchi e neri messi uno dopo l’altro, non sono solo note o lettere. C’è un mondo dietro. Dobbiamo pensare a questo. Se lo teniamo a mente ogni tanto, siamo più consapevoli e forse riusciamo anche a vivere un pochino meglio.
Alessia: Giustamente prima parlavi di propaganda e di regime. Si dice sempre che per avere un quadro preciso dello stato di salute di una democrazia bisognerebbe vedere come è messa la satira. Secondo te, oggi come è messa la satira in Italia? Detto da chi ogni giorno scrive battute di satira.
Andrea: Se ne fa tanta, nel senso che c’è spazio per tutti e questa è una cosa bellissima. C’è spazio su Internet. Penso a uno stand up comedian: fare un bel pezzo comico, metterlo su TikTok e andare virale è un ottimo trampolino di lancio. È una cosa che cinque anni fa non esisteva così come la intendiamo adesso su TikTok. È una cosa che dieci anni fa poteva succedere su Facebook. Questo ci permette di allargare tantissimo la platea, quindi se uno ha qualcosa da dire ed è in grado di dirla bene, riesce ad avere il suo spazio o a farsi vedere e trovare il suo pubblico. Questo è positivo dal lato dell’offerta.
C’è però un problema di imbuto, un problema di gatekeeping a cause dei monopoli televisivi: di fatto parliamo di tre emittenti per 60 milioni persone. Non sono tre persone che scelgono per 60 milioni di persone, però comunque sono tre gruppi distinti che decidono cosa finisce in tv la sera. Ovviamente non c’è solo la Rai e non c’è solo la tv, ci sono anche Amazon o Netflix e questo ci permette di diversificare, ma comunque sono veramente pochi. Vogliamo metterci dentro Meta, TikTok, Alphabet… Però rimane il fatto del gatekeeping. Questo è un tema serio e diventerà sempre più serio e importante negli anni a venire, perché abbiamo visto che tutte queste aziende tendono verso la concentrazione. Quando abbiamo iniziato Lercio, Facebook e Instagram erano due aziende diverse. Poi si sono fuse nel 2013, quindi veramente poco dopo. Le aziende tendono a concentrarsi, soprattutto nel campo dei media, e questo in un certo senso limita l’offerta, che però è tantissima. Quanta stand up comedy si fa nei locali, non solo a Milano ma in tutta Italia, che non si faceva dieci anni fa? Che è diverso da quello che facciamo noi, però se devo guardare il panorama vedo che c’è molta più offerta e quindi comunque c’è sempre un’altra occasione per ridere. Stand up comedy e satira non sono la stessa cosa e non sto dicendo che una ha un valore ontologico superiore o inferiore, sono due performance diverse che a volte possono anche coincidere. Si possono fare veramente tantissime cose. Riprendendo il tema dei monopoli, che comunque sono veramente pochi come da definizione, è il problema del presente e del futuro. A livello non solo italiano o europeo, ma in modo più ampio a livello americano e occidentale. Non saprei dirvi come va in Asia, però sicuramente è un tema occidentale.
Alessia: Per chiudere il cerchio della puntata, torniamo agli inizi. Lercio è un sito che tutti quanti noi consultiamo anche solo per il piacere di farci due risate, se mi passi il termine. Forse la chiave di un successo così costante, come nel caso di Lercio, è che in fondo tutti quanti, forse oggi più che mai, abbiamo veramente bisogno di ridere. Come puoi descrivere il il successo di Lercio che continua nel tempo?
Andrea: Sembra che viviamo già nel ventre materno e una delle cose forse più poetiche che uno può fare a livello ideale è morire con un sorriso. Uno dei detti anarchici più famosi è “Una risata vi seppellirà”. C’è sempre quest’idea, è veramente una costante nell’uomo. Siamo l’unico animale che ride e c’è un motivo. Per come è sviluppato il nostro cervello, non possiamo farne a meno. Le sostanze che genera la risata creano dipendenza, come l’ossitocina e altre, che ovviamente adesso non mi ricordo e potrei citare cose a caso, quindi dovreste controllare se è vero o no. Ci piace ridere, abbracciarci, mostrare i denti non in segno di aggressività ma in segno che siamo disarmati davanti a qualcosa che ci ha fatto ridere e questo cosa non smetterà mai. C’è bisogno di ridere in continuazione. E, mettiamola così, è per questo che c’è bisogno di Lercio.
Tommaso: Direi che possiamo anche fare una bella chiusa. Noi normalmente la facciamo sempre con una domanda fissa che proviene dal nome del nostro podcast. Ti chiediamo di dirci una cosa al volo. La prima cosa che ti viene in mente, relativa a questa puntata, relativa alla tua giornata, la qualsiasi.
Alessia: Alla tua vita… Davvero, non ci sono limiti.
Andrea: Io vorrei che i carboidrati non facessero ingrassare.
Alessia: Anch’io!
Grazie mille Andrea, è stato veramente un piacere averti ospite con noi a Una Cosa Al Volo.
Andrea: Grazie a voi, anche per la pazienza che avete avuto nell’ascoltare i miei sproloqui.
Alessia: Grazie dell’ascolto. Se l’episodio ti è piaciuto o se vuoi suggerirci nuovi temi da trattare, scrivici a [email protected]. Se invece vuoi riascoltare gli episodi della prima stagione ci trovi su tutte le principali piattaforme podcast. Una Cosa Al Volo è una produzione TEAM LEWIS e ti aspettiamo per il prossimo episodio.